Come molti sicuramente sapranno, i geroglifici egizi furono una particolare scrittura pittorica in cui ad elementi sillabici vennero associati elementi ideografici e sonori; Il suono delle parole viene associato ad una rappresentazione pittorica in maniera da rendere più elementare ed accessibile la lettura ai cittadini.
L’etimologia del termine risale al latino hieroglyphicus che a sua volta deriva dal greco ἱερογλυφικός significante segni sacri incisi.
Il geroglifico non era la lingua corrente del popolo egiziano né tantomeno la lingua scritta prevalente, soppiantata dal più pratico e diffuso ieratico (una sorta di precorsivo utilizzato per i documenti ufficiali redatti su papiro.) e dal demotico. L’utilizzo del geroglifico fu quasi esclusivo nelle decorazioni dei monumenti (colonne, templi e tombe).
Per comprendere a fondo l’utilizzo del geroglifico e la sua decifrazione, fu fondamentale il ritrovamento della cosiddetta Stele di Rosetta avvenuto nel 1799 sul delta del Nilo ad opera del generale bonapartista Pierre Francois Bouchard.

Si tratta di un frammento di pietra nera alta circa 117 cm e larga 72. La sua importanza non è dovuta al suo contenuto in quanto si tratta di un decreto redatto in occasione dell’anniversario dell’incoronazione del faraone tredicenne Tolomeo V Epifane, ma bensì al particolarissimo fatto che sulla pietra sia riportato il medesimo testo in tre differenti grafie: geroglifico, demotico e greco.
La chiave di volta fu il testo greco, ampiamente conosciuto e decifrato dai classici, che permise di comprendere le basi delle lingue egizie.
Esclusi i possibili suoni per i quali non ci sono prove e tuttora ci si basa su ipotesi, più o meno credibili, si riuscì a ricostruire una sorta di alfabeto pittografico attribuendo ad ogni disegno una lettera o un gruppo consonantico.

Si comprese, soprattutto, che l’ovale ricorrente nelle iscrizioni in geroglifico, il cosiddetto cartiglio, corrisponde sempre ai nomi propri di persona, generalmente dei faraoni e delle loro spose.
Il termine cartiglio deriva dal francese cartouche e si riferisce al fatto che la forma ovoidale ellittica dell’iscrizione ricordasse le cartucce dei fucili in arma alle milizie bonapartiste.
La decifrazione della stele e soprattutto la comprensione della funzione dei cartigli fu di vitale importanza nella comprensione delle iscrizioni in geroglifico. Permise di attribuire con certezza i nomi dei faraoni alle tombe ritrovate, ai sarcofagi e ai templi


Dopo questa breve panoramica e questo excursus sui geroglifici, vi invito a tradurre il vostro nome utilizzando la tabella fornita poco prima oppure servendovi di questo traduttore on line:
http://www.egittopercaso.net/traduttore.php
Ecco il mio nome in geroglifico:

Saluti, Andrea
Bello, ho visto Ysingrinus come poteva venire trascritto. 🙂
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… Che già di per sé ha un suono molto faraonico!!
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Eh!
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