Praticava la boxe da otto anni. Vi si dedicava anima e corpo spendendo ogni minima energia e forza che fosse in grado di trovare.
Boxava come un vero campione, ambidestro di natura sapeva sempre come sorprendere gli avversari. A causa di questa sua particolare caratteristica nessuno voleva più combattere con lui e da quasi un anno si allenava solamente nella speranza che un giorno avrebbe ritrovato un nuovo sfidante.
Una sera, terminato l’allenamento, tornò allo spogliatoio e casualmente lo specchio catturò la sua attenzione. Aveva già levato i guantoni e si apprestava a sciogliere le bende. Iniziò ad osservarsi allo specchio in guardia sinistra, poi destra, poi di nuovo sinistra. Schivò colpi immaginari spostandosi velocemente da una parte all’altra e osservando sempre più concentrato l’immagine che aveva di fronte.
D’un tratto vide lo spiraglio aprirsi e partì con un jeeb sinistro che andò pienamente a segno. Seguì un diritto destro che andò anche lui perfettamente a segno. Subito dopo non vide più nulla, avvertì un dolore tremendo ad entrambe le mani che grondavano sangue e cadde a terra esanime.
Era tardi e in palestra non c’era che lui, il custode spesso gli lasciava le chiavi per farlo allenare fino a tardi.
L’indomani mattina lo trovarono dissanguato, sconfitto da sè stesso e dal suo amore per il pugilato.