
Autore: Andrea Mantegna
Datazione: incerta, si ritiene tra il 1475 e il 1478
Tecnica: tempera su tela
Dimensioni: cm 68 x 81
Autografo: Non firmato ma attribuzione certa
Conservazione: Milano, Pinacoteca di Brera
Il dipinto è noto semplicemente con il titolo di “Cristo morto” sebbene nei secoli scorsi fosse stato catalogato con il titolo più diffuso per il soggetto in questione di “Lamento sul Cristo morto”.
Ritrae la figura di Gesù nelle ore immediatamente successive alla morte sulla croce. La quasi totalità della scena viene occupata dalla figura del corpo del Cristo rappresentato con forte realismo e connotati fortemente umani, mentre solo una minima parte dal resto. Le membra e i tessuti sono contratti e tesi nella tipica rigidità del cadavere quando i muscoli si raffreddano e si induriscono poiché il sangue non circola più nelle vene. Il volto dell’uomo porta addosso i segni indelebili del dolore fisico patito sulla croce, mentre i fori dei chiodi presenti su mani e piedi e posti volutamente in primo piano servono (oltre che da artificio prospettico) come richiamo, accompagnando l’occhio dello spettatore verso il volto di Cristo, e sono rappresentati con un realismo sorprendente per l’epoca, se si pensa che Michelangelo nasceva proprio mentre Mantegna dipingeva l’opera in oggetto è Caravaggio arriverà giusto un secolo dopo.
Questo dipinto quindi proietta Andrea Mantegna nella sfera dei pittori rinascimentali italiani più all’avanguardia. Altri segni del suo forte anticipo sui tempi sono individuabili nel sapiente uso della luce, che proviene tutta da destra da dove si intravede l’uscio del sepolcro, nell’utilizzo della tela come tecnica pittorica, ancora di nicchia per l’epoca in particolare in Italia e soprattutto nel nuovo e rivoluzionario impianto prospettico: il corpo di Gesù Cristo è rappresentato sdraiato sulla lastra di marmo, ripreso frontalmente. La prima cosa che l’osservatore ha davanti agli occhi sono i piedi, mentre le gambe e il busto sono letteralmente schiacciati, realizzati tramite un punto di fuga diverso da quello utilizzato per le linee della lastra e arretrato rispetto ad esso. Questo crea quel forte senso di “schiacciato” nel corpo di Cristo è porta lo sguardo di chi guarda direttamente al centro della scena, rendendolo partecipe del dramma. Mantegna arriva al culmine della sua sperimentazione prospettica iniziata con la celebre Camera degli sposi.

L’artista concede pochissimo spazio alla sinistra dell’osservatore alle figure della Madonna che piange e si asciuga le lacrime, San Giovanni con le mani giunte e una appena accennata Maddalena che si dispera.

La forte carica emozionale e il suo realismo, unitamente all’impatto sobrio e composto del dipinto, fanno del “Cristo morto” un simbolo del Rinascimento italiano e uno dei quadri più conosciuti al mondo.
Esiste anche una seconda versione del dipinto attualmente in collezione privata presso Glenn Head a New York, ma la maggior parte dei critici è concorde nel ritenere il dipinto americano solo una copia, peraltro modesta, di epoca tardo cinquecentesca.

Da notare che nel dipinto americano non sono presenti le tre figure dei penitenti accanto a Cristo. Questo fatto ha portato i critici a supporre che nella tela milanese i tre personaggi possano essere aggiunte successive, comunque eseguite certamente per mano di Mantegna.
Esiste invece un disegno a penna su carta di certa attribuzione al maestro in cui è rappresentato un uomo giacente su lastra di marmo.

È ragionevole e verosimile credere che si tratti di uno studio preparatorio in cui l’artista abbia operato i primi tentativi di prospettiva frontale, assetto che di fatto ricorda molto l’impostazione della tela.
Data la sua forte carica simbolica il dipinto è divenuto nel corso dei secoli oggetto di infinite citazioni, copie e remake, riporto di seguito alcune tra più e meno note:


