L’attesa

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“Così è da poco che è arrivato a Genova?” chiese il portiere della pensione sorridendo.

“Eh già sono arrivato ieri nel pomeriggio.” rispose rapidamente l’uomo vestito di nero.

“Si tratterà molto da noi?” chiese l’anziano.

“Giusto lo stretto necessario.” disse l’altro in tono asciutto e sgarbato. Era vestito di nero dalla testa ai piedi, portava occhiali scuri a specchio e la barba corta, curata.

“Ed è qui per vacanza o per lavoro? Da un po’ di anni a questa parte arrivano molti turisti a Genova sa, merito di…”.

“Per lavoro.” lo interruppe alzando bruscamente la voce.

“Per lavoro.” ripeté l’anziano annuendo con la testa. “E di cosa si occupa?” lo incalzò. Quello era una sua abitudine. Lo aveva sempre fatto e avrebbe continuato a farlo finché avrebbe continuato a lavorare. Spesso molti clienti scambiavano la sua loquacità, peraltro molto garbata e cortese, per curiosa sfacciataggine. L’uomo vestito di nero era uno di quelli.

“Sono…un libero professionista.” fu la sua risposta, che pronunciò sospirando e sbuffando dopo un attimo di esitazione.

“Capisco.” assentì il portiere. “E quell’affare le serve per lavorare immagino.” continuò accennando con lo sguardo, rubicondo e sorridente alla grossa e ingombrante custodia nera che l’uomo portava a tracolla.

“Esatto.” rispose sempre più scocciato l’uomo vestito di nero, abbozzando un beffardo e quanto mai posticcio sorriso seguito da un leggero inchino del capo.

“Ma che genere di lavoro è il suo? Mi scusi sa ma sono anziano e solo e adoro scambiare quattro chiacchiere con i miei clienti.” disse scusandosi il portiere anziano.

Il nero sospirò e allontanò la voglia che cresceva sempre di più in lui di rispondere in malo modo a quell’estraneo così impertinente. “E meno male che i genovesi erano persone riservate!” pensò tra sé e sé.

“Vede, il mio, è un lavoro molto particolare. Richiede molta attenzione, sacrificio e dedizione. E anche tanta passione.”.

“Ah…ora sì che ho capitò” esclamò il portiere e il suo viso si illuminò di una  luce che il nero non aveva mai visto. “Lei è un musicista.” pronunciò quella parola sillabando in modo da conferirle maggior importanza.

“Io adoro la musica, soprattutto Bach!” disse in tono vago l’uomo, che subito dopo si premurò di salutare e andare al lavoro.

La sera stava calando e il nero era ancora seduto sul suo sgabello pieghevole. Era là dalla mattina, non si era mai mosso da quel luogo. Aveva consumato il suo pranzo costituito da due mele e un arancio, dopodiché aveva iniziato la parte più lunga e noiosa del suo lavoro che consisteva nell’attesa. Fortunatamente ormai stava finendo. Le sue attese erano sempre lunghe e snervanti  ma lui aveva sempre dato prova di saperle reggere alla perfezione. Era uno stimato professionista, il migliore sulla piazza.

Dopo essersi guardato intorno per l’ennesima volta ed essersi accertato che quel luogo fosse veramente sicuro, iniziò i preparativi. Diede una fugace occhiata con il binocolo. Tutto era sotto controllo. Aprì la custodia nera ed estrasse il suo strumento. Quando lo maneggiava prestava sempre la massima attenzione. Assemblò rapidamente e con sicurezza i pezzi che lo componevano e lo adagiò a terra sul treppiede. Il momento era arrivato, l’attesa era finita. Quella lunga e logorante attesa che ormai conosceva da tanti anni. Di scatto il nero si alzò e si sdraiò a terra vicino al suo strumento. Aprì l’occhiello del mirino e vi accostò l’occhio destro socchiudendo il sinistro. Le sue mani, ferme come quelle di un chirurgo e coperte da sottili guanti di pelle, serrarono il calcio dello strumento. Attese ancora qualche secondo e poi premette il grilletto.

Il suo strumento aveva suonato e lo aveva fatto con la consueta precisione ed infallibilità di sempre.

Si rialzò subito e smontò in pochi istanti le parti del suo strumento, che depose meccanicamente nella grossa custodia nera a tracolla. Si infilò gli auricolari nelle orecchie e alzò leggermente il volume della musica. Come di consueto stava ascoltando Bach, era il sesto concerto brandeburghese. Era la sua maggior distrazione e lo ascoltava sempre durante le attese, interrompeva solo quando doveva far suonare il suo strumento.

Trascorsa appena mezz’ora dallo sparo il nero era già di ritorno alla pensione. Vide da lontano il vecchio portiere impiccione che gli sorrideva.

“Buonasera” lo accolse.

“Buonasera a lei.”.

“Come è andata la giornata? E’ da stamattina che è fuori, sarà stata una prova difficile.” disse l’anziano facendo strani gesti con le mani per accentuare il concetto che stava cercando di esprimere a parole.

“Bene bene, sono solo un po’ stanco e, se non le dispiacesse, vorrei andare a riposarmi. E’ stata una prova impegnativa.” rispose e salì rapidamente le scale dopo aver preso la chiave che l’anziano gli porgeva con garbo.

L’indomani mattina il nero si alzò all’alba . Sistemò il poco e minimale bagaglio che aveva e scese nell’atrio della piccola pensione. L’anziano portiere faceva come di consueto capolino.

“Salve” lo salutò con voce squillante.

“Salve. Mi fa il conto per cortesia.” rispose conciso l’uomo vestito di nero.

“Ma come, è già in partenza? Immagino che sarà per via del suo lavoro. Chissà quanti concerti e quante prove avrà in programma.”.

“Esatto  è per via del lavoro. In effetti ho l’agenda piena di impegni.” rispose più a sé stesso che al portiere.

“Eh voi artisti, siete sempre in giro. Prove, concerti e poi ancora prove. Beh, allora arrivederci. E’ stato un piacere averla con noi e se ripasserà da Genova prima o poi torni a trovarmi.” si accomiatò porgendogli la ricevuta.

“Senz’altro non ne dubiti. Grazie e a presto. Vado perché sono un po’ di fretta.” disse il nero salutando e porgendo il denaro all’anziano.

Uscì dalla pensione e di diresse rapidamente verso la stazione. Stava ascoltando Bach. Lesse la locandina di un quotidiano locale che riportava la notizia di un uomo trovato morto, ucciso da un’arma da fuoco. Ne acquistò una copia. L’articolo diceva che non c’erano indizi e le circostanze erano poco chiare. L’unico indizio era il calibro della pallottola, peraltro molto insolito.  Era quello dei fucili PSG1, i fucili di precisione usati dai tiratori scelti. Lo sparo doveva essere avvenuto da molto lontano ma il tutto era ancora avvolto dal mistero.

Sorrise leggermente e strinse saldamente la tracolla del suo strumento, pensando al suo prossimo appuntamento.

Foto presa da http://www.rovigooggi.it/articolo/2013-09-15/l-attesa-per-un-futuro-migliore/#.VeSso_ntmko

5 pensieri su “L’attesa

  1. Bello questo mini racconto ,se c’è qualche foto che ho realizzato e ti può servire per i tuoi mini racconti le puoi usare .Nel mio blog ci sono tante foto perché io sono fotografa amatoriale di strada e sarei onorata se qualche foto ti può ispirare a scrivere qualche nuovo racconto 😉 un sorriso ^_^ Viola

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    1. Grazie mille dell’offerta!! Le guarderò sicuramente e ovviamente in caso di utilizzo ti citerò come fonte! Scrivo spesso partendo da foto, specie vecchie Einaudi bianco e nero. Ciao e grazie ancora per il commento

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